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Che valore ha la prova dell’investigatore privato nel processo civile?

Ormai sempre più spesso, per dirimere o prevenire certi tipi di controversie, si fa ricorso all’aiuto di investigatori privati.
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Tutti sanno che per vincere una causa è necessario provare di aver ragione, ma non tutti sanno che affinché una prova sia considerata come tale, è necessario che abbia determinati requisiti.

Non posso dimostrare con ogni mezzo di aver ragione? 

No, affinché una prova sia valevole ed efficace in giudizio è necessario che rispetti i requisiti richiesti dalle norme del codice di procedura civile, anche quando a recuperarle sia stato un investigatore privato dotato di licenza.

Per rispondere al quesito che ti ha portato qui è necessario introdurre prima qualche elemento di diritto processuale civile.

Il processo civile italiano si basa, tra gli altri, su due principi fondamentali:

  • Il principio dell’onere della prova
  • Il principio dispositivo

Il principio dell’onere della prova impone che la parte che voglia ottenere tutela in sede di giudizio è obbligata a fornire le prove necessarie a convincere il giudice della fondatezza delle proprie ragioni. 

Il principio dispositivo impone invece che, solo alle parti spetti l’indicazione dei mezzi di prova a sostegno dei fatti allegati in giudizio. Cosa vuol dire? Significa che di norma solamente le parti possono dare prova di quanto sostengono e non invece il giudice.

Le parti di un processo si chiamano attore (chi fa causa) e convenuto (chi si difende in giudizio).

Tipi di prova

Le prove si distinguono innanzitutto tra tipiche e atipiche. Ciò che le differenzia è che  solo le prime sono descritte e regolamentate dalla legge e sono dunque considerabili a tutti gli effetti come prove. Le prove atipiche invece – questione molto dibattuta sia da dottrina che giurisprudenza – sono assimilabili a mere presunzioni semplici (ossia valutabili liberamente dal giudice come indizi per giungere ad un fatto ignoto tramite un fatto noto). Le prove tipiche, in base a come vengono prodotte si distinguono in orali o documentali.

Sono prove orali la confessione, la testimonianza, l’interrogatorio formale e il giuramento. Prove scritte sono invece: il documento informatico, la scrittura privata, la scrittura privata autenticata, l’atto pubblico.

Come vengono considerati i frutti dell’investigazione privata?

Dipende.

Recente giurisprudenza si è pronunciata in merito precisando che i rapporti scritti degli investigatori privati sono da considerarsi prove atipiche a tutti gli effetti ed in particolare come “scritti del terzo” redatti in funzione testimoniale su incarico di parte. I rapporti scritti degli investigatori dunque non possono considerarsi alla stregua di “testimonianza scritta” perché ciò violerebbe i principi del giusto processo.

L’investigatore privato che abbia indagato su commissione di parte su una determinata questione, redigerà, come da prassi, un rapporto scritto dettagliato per il cliente. La validità dello scritto del terzo sarà quindi quella non della prova ma della presunzione semplice e quindi da sola non farà piena prova ma può contribuire a fondare il convincimento del giudice insieme ad altri elementi di indizio. Non dimentichiamo però che l’investigatore privato nell’atto di acquisire le informazioni diviene testimone diretto di quanto accade sotto i propri occhi e ha la possibilità di deporre davanti al giudice sui fatti di propria conoscenza.

Così dunque, affinché i frutti delle indagini dell’investigatore privato possano essere ammissibili come prova testimoniale in giudizio è necessario che le dichiarazioni di questi vengano acquisite mediante prova orale in giudizio o, al massimo, nelle forme prescritte dall’art 257 bis c.p.c.. Fuori da questi casi, il report scritto del detective privato ha solo valore di indizio.

 

Autore: Jessica Bertazzo